[:it]Biografia[:en]Biography

Nato a Dolo (Ve) nel 1964, attualmente l’artista vive e lavora a Mestre. Interrotti gli studi universitari, Baldan si avvicina all’arte per dare voce ed identità ad esigenze primordiali difficilmente comunicabili, se non attraverso il linguaggio segnico, del colore e della forma. La ricerca di Arturo Baldan si muove da tempo lungo una linea di coerenza che attraversa ben definiti punti della storia dell’arte contemporanea (nell’alveo di una generale predominanza concettuale emergono apporti minimalisti, scatti optical e allusività cinetiche), mantenendo peraltro viva la dichiarazione di appartenenza a un mondo interiore, sommosso da numerosi sussulti culturali. La derivazione gestaltica si legge nella capacità dell’opera di coinvolgere il fruitore in una relazione interattiva, per cui chi guarda è sollecitato talora a una virtuale prosecuzione dell’opera in un’ulteriorità, capace di assumere molteplici direzioni di senso. Pertanto Baldan crea i presupposti di un movimento che dall’apparente freddezza razionale del lavoro arriva ogni volta ad approdi di sorprendente novità. L’artista ottiene questi risultati fondendo insieme le tensioni proprie della pittura e della scultura in una sintesi che poi diventa assonante anche con l’installazione. La meticolosità costruttiva rende l’opera finita una sorta di meccanismo, dove la serialità degli elementi costitutivi, disposti in serie modulare, produce una bella traduzione iconica della realtà della comunicazione digitale odierna: come se i pixels delle immagini televisive quantificassero la propria essenza uscendo dalla loro piattezza formale e assumessero dignità tridimensionale, pur stilizzata nella forma del parallelepipedo o altra figura geometrica, prodotta in serie industriale. Ognuna di queste viene da Baldan ricoperta con tela di cotone e dipinta dando all’operazione anche un valore simbolico. La stesura investe ogni singolo componente, che poi viene assemblato in un complesso, realtà fisica (il muro) e metafora di una tensione tipicamente umana a costruire l’edificio dell’esistenza su “mattoni” delle vicende quotidiane, che poi dalla cronaca personale confluiscono nella storia collettiva, dal particolare all’universale, dalla porzione al tutto. E da un’opera all’altra (pur avendo ognuna una specifica autonomia significante) c’è un rimbalzo concettuale che le mette tutte in potenziale relazione con le altre. Per tale motivo l’opera di Baldan, che ogni tanto assume la determinazione visiva di una sagoma fisionomica, contiene tutta intera la fragranza di un umanesimo che si nutre profondamente di slanci verso la conoscenza e, molto spesso, attraverso la policromatica evidenza dell’attitudine ludica e giocosa, che nulla toglie alla profondità della riflessione.
Enzo Santese

Born in Dolo (Ve) in 1964, the artist currently lives and works in Mestre. After interrupting his University studies, Baldan approaches to art to give voice and identities to primordial needs hardly communicable, except through sign, color and form language. Arturo Baldan’s search moves along a line of consistency through well-defined points in the history of contemporary art ( into the scope of the general predominance emerge conceptual minimalist contributions, optical shots and kinetic allusiveness), keeping alive the declaration of belonging to an inner world, moved by numerous cultural upheavals. The Gestalt derivation is read in the ability of the work to involve the viewer in an interactive relationship, so the viewer is sometimes caught in a virtual continuation of the work, able to take multiples directions of sense. Therefore Baldan creates the conditions for a rational movement that from the apparent coldness of the work each times lands to surprising news. The artist achieves this by fusing together the tensions of painting and sculpture in a synthesis which then becomes assonant with the installation. The meticulous construction makes the finished work a kind of mechanism, where the serial nature of the constituent elements, produces a fine iconic translation of reality of digital communication today: as if the pixels of television images would quantify its essence coming out of their formal flatness and would assume three-dimensional dignity, while in the stylized shape of box or other mass-produced geometric shape. Each of these is covered by Baldan with cotton canvas and painted giving the operation a symbolic value. The preparation involves every single component, which is then assembled into a complex, fisical reality (the wall) and metaphor of a typically human stress to construct the structure of the existence with “bricks” of daily affairs, which then flow from the personal experience in the collective history, from the particular to the universal, from the portion to the whole. And from one work to another (each one having an independent and a specific meaning) there is a conceptual rebound that puts them all in a potential relation. For this reason Baldan’s work, which sometimes takes the visual determination of a physiognomic silhouette, contains the whole fragrance of a humanism that drinks deeply about momentum towards knowledge and often through the polychromatic evidence of the playful attitude, without detracting anything to he depth of reflection.